Monsignor Michele Seccia ha scelto l’opera dell’artista salentina collocata nella Chiesa di Sant’Antonio a Carmiano per impreziosire la seconda lettera dedicata alla comunità

Il 6 novembre, nell’anniversario della Dedicazione della cattedrale di Lecce, l’arcivescovo Michele Seccia ha consegnato ai suoi sacerdoti per la comunità cristiana la lettera intitolata “Chi spera in Dio non resta deluso – La forza della speranza”. L’immagine in copertina è l’opera “la Cena di Emmaus” dell’artista Francesca Mele che sta preparando due grandi eventi espositivi che si terranno tra il 2021 e il 2022 in Germania. 

«È stata una piacevole sorpresa scoprire oggi, sul sito portalecce.it, che  S.E.R. Monsignore Michele Seccia  abbia scelto una mia opera come immagine di copertina per la sua seconda Lettera pastorale alla Chiesa di Lecce”. 

Una scelta, così come spiegato da Mauro Carlino nel suo articolo, motivata dalla certezza che «La Parola del Signore Gesù, ricolma di Spirito di vita, conduce i discepoli a interrompere il cammino di allontanamento e a sostare con quel divino viandante, il quale, entrando in casa, si siede a mensa e “spezza il pane”, celebrando così la festa del ritorno dei discepoli e unendosi intimamente a loro, nella donazione di sé.»

L’opera, che è una delle tre tele realizzate nel 2010 per la Chiesa di Sant’Antonio Abate a Carmiano collocate sull’altare maggiore, è ispirata infatti ai versi del Vangelo di Luca: «Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Ed ecco si aprirono  loro gli occhi e lo riconobbero. Ma lui sparì alla loro vista

«In questa tela  – spiega l’artista Francesca Mele – Gesù spezza il pane come nell’ultima cena ma, questa volta scompare nell’arco di un paesaggio – Gerusalemme – o una qualsiasi città del mondo. Perché Gesù nasce, muore e da Risorto torna a noi, Discepoli di Emmaus di oggi, che lo riconosciamo solo attraverso quel gesto dello spezzare il pane, L’Eucaristia che celebriamo. Ogni parte del dipinto è costruito secondo proporzioni matematiche, per creare quell’ordine che, senza interferenze, tutto riporta agli occhi di Gesù, al suo sguardo che ci segue ovunque. Nessun disordine può corrispondere alla sua icona e al logos – perché logos è il Suo nome, e cioè proporzione e rapporto, perfezione del dire, comunicazione inequivocabile. Soprattutto, il Logos detesta ogni ornamento, ogni divagare e ogni distrazione. Sulla tavola pochi elementi. Solo la prospettiva che si apre a noi e quasi ci invita a sedere a quella mensa. Il pane – il vino – La lampada accesa che simboleggia la fede».

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